venerdì 2 marzo 2018

Facce da urlo nella guerra dei social

Un getto d’idrante lo lancerei su tutti i video giornalistici che creano notizie dal nulla. Lo userei per placare gli animi dei colleghi su questa storia della prof che urla malamente ai poliziotti. Lo dice una che ha aderito a tante manifestazioni spinta da un senso ideale di partecipazione, senza baccagliare e senza guadagnare mai la prima fila. Non ho una voce particolarmente squillante, nè consuetudine con le parolacce d'uso colloquiale o con gli slogan e, pertanto, provo imbarazzo per chi si abbrutisce. Ma provo molto più imbarazzo per il servizio "giornalistico", basato su un momento di scontro tra manifestanti e polizia come ce ne sono tanti (da secoli nei secoli) e su un'intervista realizzata la sera stessa con la prof in evidente stato di alterazione.

Credo sia un problema deontologico quello di farsi rilasciare delle dichiarazioni da una persona che ha evidentemente bevuto, visto che passeggia accanto al giornalista con una bottiglia di birra in mano. Il linguaggio è mal articolato, si sente subito da come risponde (mi riferisco al servizio andato in onda a Matrix), l'autocontrollo vacilla, così la lucidità. Pensate a cosa succederebbe se si mettesse una telecamera agli incroci, tra le auto incolonnate per il traffico, per le maledizioni e gli insulti sgradevoli che ti arrivano da parte di una mamma (che magari fa l'insegnante) e tiene pure per mano il suo bambino che la guarda con gli occhi sgranati. Immaginate se la telecamera seguisse quella mamma anche allo stadio, in curva tra i tifosi più accaniti, anche lì accompagnata dal suo bambino e da altri bambini che lì, dai loro padri e da illustri sconosciuti tifosi, ricevono il battesimo del fuoco a proposito di epiteti verbali. Genitori (chi più di loro deve dare il buon esempio), insegnanti, medici, politici, insomma ogni individuo e peraltro da sobrio (perché allo stadio non si possono introdurre alcolici) può maledire a raffica, urlare "devi morire" battendo le mani secondo un ritmo preciso e organizzare addirittura un coro dedicato di volta in volta al calciatore avversario o all'arbitro che per definizione è già cornuto e cavarsela perché quella è solo goliardia. Ma di cosa ci stupiamo? Perché questa donna ha fatto tanto scalpore? Perché, forse, fa comodo in questo momento polarizzare lo scontro?

Detto questo, a proposito di manifestazioni, era il 1991 e facevo il Liceo. Corteo contro la Guerra del Golfo. Genitori mezzi avvisati: stamane non si entra. Qualcuno è sereno (i miei), altri meno: "Marì - dice la mamma alla figlia - . Vedi di entrare e non fare la scema. Se proprio non entra nessuno, va bene, fai come vuoi, ma non ti mettere davanti a tutti in testa al corteo". All'epoca non c'erano né facebook né smartphone, ma avevamo sottovalutato il primo vero social network della nostra vita, la TgR Basilicata. Marì per me era Mary e Mary reggeva uno striscione in prima linea, avanzando convinta con i suoi anfibi neri. Alle 14 la scena va in onda sul regionale e un meraviglioso primo piano mostra una splendida fanciulla e il suo labiale ben scandito: Bush Bush va-ffa-nculo! Praticamente la madre l'aspettava sul pianerottolo con il battipanni in mano. La sensazione di essere stata beccata dalla telecamera fu nettissima, ma ormai Mary era dentro allo scontro, fiera del suo andare. Arrivò a casa cercando di fare la vaga e salutò con un disinvolto "ciao mà". La risposta fu soltanto: "ciao mà? ciao mà? Che figura di merda m'hai fatto fa".