giovedì 22 dicembre 2016

Fuga dal mondo con
Juri Camisasca e Rosario Di Bella

Juri Camisasca e Rosario Di Bella

Dagli attici di Milano ai giardini di Milo, dai ritmi celestiali della vita monastica alla natura esplosiva dell’Etna, c’è un piccolo lembo di terra siciliana dove si respira musica e spiritualità.
A pochi metri dalla casa di Battiato, nella periferia di una contrada di un paese di ottocento abitanti, vivono Juri Camisasca e Rosario Di Bella, le due anime del disco “Spirituality”. Due artisti uniti da quella forma di empatia che si realizza solo attraverso la musica e la ricerca interiore. Di Bella, da molti anni compositore di colonne sonore “con una libreria di suoni in testa e negli hard disk”, ha ideato un disco “dalla struttura pop che all’interno offre un tempo dilatato e rilassato”. Juri Camisasca ha alternato la sua attività artistica a lunghi periodi di silenzio, a partire da quegli undici anni di vita monastica e due da eremita intorno al suo vulcano. E di questo e altro parla oggi, tra nuovi e vecchi loop da mettere in musica.

Juri, come si fa a conciliare la tensione verso il silenzio, l’isolamento, la fuga dal mondo, e il pubblico, i concerti, le case discografiche?
Quando fai delle cose che gli altri apprezzano, quando ti senti gratificato, ti ritrovi a fare selfie come se niente fosse. Ricordiamoci che nelle Sacre Scritture c’è scritto “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Da qualche anno, poi, in me è scattato un tale distacco da tutto, per cui stare qui dove vivo, circondato dagli alberi o su un palcoscenico, è la stessa cosa. E’ una grazia.

Cosa ti spinse alla vita monacale?
Juri Camisasca, Franco Battiato, Rosario Di Bella
Intorno ai vent'anni ero insoddisfatto, confuso, non mi chiedevo nemmeno cosa fosse la vita. Credevo di trovare una via di uscita attraverso la musica ma poi ho capito che non era così. In un momento di grande sconforto, improvvisamente, sono stato inondato da una luce che non è di questo mondo e che mi ha invaso con una pace che non è assolutamente descrivibile. Non si tratta di uno stato psicologico, ma di una sostanza penetrata nel mio cervello e nelle mie cellule. Per anni sono vissuto in questo stato, tanto che anche i miei amici non riuscivano a capire cosa mi fosse successo.

Quali differenze hai trovato tra la musica che amavi, il rock, e la musica sacra?
I canti gregoriani, la musica indiana hanno una forza ascensionale, hanno la capacità di elevare le tue capacità interiori. Questo non può avvenire con la musica rock perché colpisce altre fasce, parlo dei chakra. Gli indiani dicono che a seconda di come vengono stimolati questi centri che sono dentro di noi, tu vivi un’esperienza molto terrena, sensuale, oppure no. Se vieni colpito nei centri più alti, dal cuore alla gola al cervello, entri in contatto con energie più sottili. Sono musiche che superano l’individualismo, l’egocentrismo e ti elevano verso altre dimensioni. L’arte è una cosa e la qualità umana un’altra cosa, il canto gregoriano è un canto corale, le persone più sono interiormente pure, più il canto si fa elevante. Chi va a X-Factor o a Sanremo non pensa a queste cose, ma solo a mettere avanti la sua personalità. Un musicista indiano può avere una grande personalità, ma nel momento in cui suona un raga gli viene una specie di trascendimento del fattore egoistico.

Juri Camisasca in una foto anni '70
Però il rock ha le sue radici nel blues, nel gospel…
Certo, quando mi chiedono chi sia la mia cantante preferita io rispondo sempre Billie Holiday. Non aveva niente di spirituale, ma una sofferenza incredibile dentro di sé, mi tocca il cuore tutte le volte che la ascolto.

C’è qualche cantautore capace di emozionarti in questo modo?
Battiato ha raggiunto delle belle quote e non si può non citare Dylan, anche se è impastoiato con la politica. Ho amato tanto anche Donovan perché aveva un’anima molto serena e candida. I cantautori sono un po’ la salvezza nel campo musicale.

Perché?
Nel momento stesso in cui si mette a comporre dà più spazio alla sua verità interiore che non alla voglia di affermarsi, fare successo. Credo molto nella sincerità del cantautore.

Chi preferisci tra gli italiani?
Subsonica sono stati un buon gruppo, i Bluvertigo, i Nuclearte, un gruppo siciliano che ho scoperto recentemente. Capisco che i ragazzi oggi abbiano voglia di iniziare una carriera, però mi chiedo, la musica che spazio ha?

Nella musica e nella ricerca spirituale spesso si parte da un maestro. Franco Battiato lo è stato per te?
E’ l’amicizia che ci unisce più che il percorso spirituale. Franco per me è stato importante soprattutto agli inizi quando andavo a trovarlo a casa sua e me lo vedevo con il pianoforte smontato con ferri e mollette per cercare delle sonorità. E’ stato il primo in Italia ad utilizzare il Vcs per fare musica elettronica, mi affascinava. Per me è stata un’apertura verso un campo sonoro al quale non avevo pensato. Io facevo la canzone “chitarra e voce” e mi fermavo lì, non vedevo come rivestire il brano e nemmeno mi interessava. Per me la canzone era già completa in quella maniera. Abbiamo suonato tante volte insieme anche a casa sua, lui si metteva alla tastiera, facevamo delle improvvisazioni meditative, mantriche, in fondo il suono è solo un modo per entrare in te stesso. Franco è l’amico di una vita e ancora collaboriamo. Insieme abbiamo scritto un brano per l’ultimo disco di Biagio Antonacci, “Aria di cambiamento”. Nel campo spirituale invece ho due maestri: lo sri indiano Aurobindo e Santa Teresa d’Avila.

Non pensi che il concept di “Spirituality” costituisca una gabbia o una bibbia per i testi?
E' un concept con la stessa matrice spirituale, ma come disco non è facilmente catalogabile, avevo in mente le cose di Arvo Pärt, Terry Riley e Klaus Schulze e l’ultimo brano, ”Spirituality”, ha un chiaro riferimento alla cosmic music degli anni ‘70. Io ritengo che in questo disco il connubio testo-musica sia molto equilibrato, certo il suono di per sé colpisce direttamente i centri dell’anima, la musica non avrebbe bisogno del testo per comunicare qualcosa, poi magari una frase di un testo ti entra dentro e diventa il tuo mantra, te la ripeti durante la giornata, ma il suono ti colpisce nelle parti sottili della tua interiorità. Io e Rosario abbiamo volutamente escluso riferimenti politici o di natura polemica e ci siamo fatti guidare da quello che la canzone richiedeva e non riesco ad immaginare questi brani diversi da come sono. La tecnologia è importante per lavorare in questa direzione. Anche se il mio sogno rimane quello di fare un album solo chitarra e voce o piano e voce.

Hai già qualche nuovo lavoro in mente?
Sto per pubblicare il live degli ultimi due concerti, voce e armonium con Roberto Mazza all'oboe, che feci negli anni 70 nel teatrino della Villa Reale di Monza e alla Comuna Baires di Milano.

Dalla chitarra all’armonium, quando è avvenuto questo passaggio?
Si era formato un gruppo che si chiamava Il Telaio Magnetico, con Franco Battiato, Mino Di Martino, che suonava nei Giganti, Terra Di Benedetto, e c’ero pure io che cantavo col megafono.
Abitavo a Porta Ticinese a Milano, all'ultimo piano, nessun vicino, suonavo indisturbato a tutte le ore del giorno e della notte. Uscivo di casa solo perché insegnavo musica nelle scuole elementari di Milano 2. Un giorno vidi questo organetto a casa di Claudio Rocchi, ne aveva uno bianco. Anche lui abitava all’ultimo piano, in una casa bellissima, in viale Campania. Gli chiesi se poteva prestarmelo e così me lo lasciò per più di un anno. Rocchi è stato il primo in Italia ad iniziare un certo percorso, mi parlava di Lao Tse e di altre filosofie orientali di cui io non sapevo assolutamente nulla. E’ stato un grande e non ha avuto assolutamente quello che si meritava.




© Riproduzione riservata
Intervista pubblicata su "Cantautori" dicembre 2016